
“La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.” Inizia così il Bollettino della Vittoria, il documento ufficiale con cui il Comandante Supremo dell'Esercito Italiano, generale Diaz, annunciava il quattro novembre 1918 la disfatta nemica e la vittoria dell'Italia nella Prima guerra mondiale. Quattro novembre. Questa data evoca nella nostra storia il giorno dell’unità italiana compiuta secondo lo schema risorgimentale del “ritorno delle terre irredente” sotto un’unica bandiera. Una lunga linea temporale ricollega il 17 marzo 1861 al 4 novembre 1918 e con essa l’esperienza del sacrificio di intere generazioni di italiani che hanno creduto e lottato per la nostra terra. A questo giorno accomuniamo nomi e toponimi che sono, nel sentire di quel patriottismo puro e identitario, simboli della nostra nazione al pari del Tricolore e del Vittoriale e che fanno di Trento e Trieste, dell’Istria e della Dalmazia; di Battisti, Filzi e Chiesa; di Diaz e di D’Annunzio persone e luoghi che hanno perorato l’idealità di un’Italia libera, forte e vincente. In tempi in cui l’egoismo territoriale sembra aver preso il sopravvento anche sul ricordo storico, ricordare il sacrificio di molti giovani, partiti a combattere anche dal meridione e spesso mai tornati dalle cime delle Alpi Carniche o Giulie, dovrebbe dare un senso a questa unità contemporanea oltre la velleità del solo “popolo padano”.
Oggi il nemico non ha più le fattezze dell’aquila d’Austria ma è più subdolo e silenzioso: la crisi economica in cui stiamo vivendo, che mette a dura prova i sogni e il futuro dei giovani italiani. Se nel 1918 la generazione dei “ragazzi del 99″ (ovvero i nati nel 1899) furono fondamentali alla causa italiana un anno dopo la disfatta di Caporetto, oggi le nuove generazione nate a ridosso dei secoli dovranno “combattere” con lo stessa concretezza battaglie contro la disoccupazione, il precariato, la decadenza morale e culturale di questo nostro paese. Un’ altra volta l’Italia deve affidarsi alla sua “meglio gioventù” per ritrovare quello spirito unitario e di comunione civile che sembra essersi perso. L’Italia, in questo giorno celebra la fine di un cammino ideale verso un’unità compiuta a cavallo di due secoli, che ci ha reso vincitori di una guerra fatta dalle gesta eroiche di tanti attori sconosciuti. Oggi bisogna tornare a credere in valori comuni, come nei primi anni del XX secolo: solo se sapremo riprenderci ognuno per se, gli ideali di una gestione di una cosa pubblica onesta, meritocratica e repubblicana riusciremo a far grande e vincente nuovamente questo paese.
Federico Pace
futuroeliberta.bra@gmail.com
Responsabile Futuro e Libertà Circolo di Bra