
L'Italia di oggi è un paese multiculturale, popolato da giovani che parlano italiano, frequentano le nostre scuole e si sentono italiani nel cuore. Tuttavia, molti di loro non possono esercitare pienamente i diritti civili. Attualmente, la legge 91 del 1992 stabilisce che chi nasce in Italia da genitori stranieri può diventare cittadino italiano solo al compimento dei 18 anni, dopo aver vissuto legalmente e senza interruzioni fino alla maggiore età. Questo sistema, noto come “ius soli temperato”, è stato più volte oggetto di dibattito pubblico e normativo (come spiegato dal Ministero dell'Interno e approfondito da fonti come Save the Children e la Camera dei Deputati).
Questo significa che un ragazzo nato a Milano, che cresce qui, parla italiano, va a scuola e sogna l'università, deve attendere fino alla maggiore età per sentirsi riconosciuto come cittadino. Un ritardo che, di fatto, crea cittadini di serie B. Nel frattempo, secondo i dati ISTAT aggiornati al 2023, oltre 5,3 milioni di stranieri vivono stabilmente in Italia e nelle nostre scuole ci sono quasi 915.000 alunni con cittadinanza non italiana, pari a oltre l'11% del totale. Il Ministero dell'Istruzione sottolinea che circa i due terzi di questi studenti sono di seconda generazione, nati e cresciuti nel nostro Paese. Questi ragazzi studiano con noi, lavoreranno con noi, ma la legge li tiene ancora ai margini della piena cittadinanza.
Un'opportunità storica
L'8 e il 9 giugno 2025 gli elettori italiani saranno chiamati a esprimersi con un referendum che può aggiornare una legge ormai superata rispetto alla realtà sociale del XXI secolo. È il momento di scegliere se vogliamo un'Italia inclusiva, che riconosca e valorizzi chi è nato o cresciuto qui, oppure se preferiamo mantenere un sistema che fa sentire stranieri anche i ragazzi che conoscono solo l'Italia come patria. In quasi tutti i principali paesi europei, come Francia, Germania e Regno Unito, esistono forme di ius soli o ius culturae che consentono a chi nasce o cresce nel Paese di ottenere la cittadinanza con requisiti meno restrittivi rispetto all'Italia (come evidenziato da Save the Children e approfondito su lavialibera e Vox Diritti). Il nostro Paese, invece, è rimasto tra i più rigidi in Europa, nonostante l'8% della popolazione sia straniera e il dato sia in crescita (ISTAT 2023).
I vantaggi concreti di un Sì
Votare Sì al referendum significa cambiare la vita di tanti giovani e delle loro famiglie, ma anche rafforzare la coesione e la competitività del Paese. Tra i benefici concreti:
• Integrazione e coesione sociale: Riconoscere la cittadinanza a chi è cresciuto qui significa premiare l'impegno nello studio e nel lavoro, spezzare i ghetti di marginalità e ridurre il rischio di disagio sociale. Il Ministero dell'Istruzione rileva che i figli degli immigrati, sentendosi finalmente parte della comunità, saranno cittadini più motivati e coinvolti nella vita civile.
• Valorizzare i giovani: L'Italia sta invecchiando e ha bisogno di nuove energie. Secondo l'ISTAT, il 65% degli studenti stranieri nelle nostre scuole è di seconda generazione. Dare loro la cittadinanza rafforza il nostro futuro: saranno studenti più sicuri, migliori lavoratori, contribuenti e potenziali innovatori.
• Diritto e democrazia: La Costituzione italiana, all'articolo 3, impone di rimuovere gli ostacoli che limitano l'uguaglianza. Un Sì al referendum è un atto di coerenza democratica: riconosciamo che questi ragazzi hanno gli stessi diritti di tutti gli altri nati nel nostro territorio. È un gesto di civiltà che risponde ai valori europei di uguaglianza e solidarietà.
• Risorse per l'Italia: L'integrazione di cittadini che già vivono qui porta crescita economica e innovazione. Lavoratori più integrati e felici sono anche più produttivi. Un Paese che riconosce i propri abitanti nella totalità dei loro diritti può contare su un capitale umano motivato, fondamentale in un'epoca di sfide globali, come sottolineano i principali rapporti OCSE e ISTAT.
L'appello civico: andiamo a votare Sì
Questa scelta è a portata di mano: basta un gesto semplice, ma collettivo. L'8 e il 9 giugno, andando al seggio, possiamo dare speranza e dignità a centinaia di migliaia di giovani. L'affluenza dovrà essere alta per far contare la nostra voce. Ognuno di noi può fare la differenza, parlando con parenti, amici e vicini e spiegando perché questo referendum riguarda il futuro di tutto il Paese.
Il Sì è un investimento sull'Italia che verrà: un'Italia più giusta, più inclusiva, autenticamente europea. Tra pochi anni, questi ragazzi ci ringrazieranno per averli fatti sentire davvero cittadini italiani fin da subito. Così ci prenderemo cura della nostra comunità, rispettando il valore del nostro Paese e della nostra Costituzione.
Se vogliamo un'Italia migliore per tutti, votiamo SÌ al referendum sulla cittadinanza l'8 e il 9 giugno 2025.
Gabriella Serravalle